Disabilità e Sessualità
E’ inimmaginabile
negare alle persone con handicap il diritto di amare, non si può negare in toto
la dimensione dell’affettività e della sessualità.
In
Italia gli studi sulla sessualità del disabile sottolineano spesso in termini
anche drammatici la pesantezza e le difficoltà di gestione di questa area, sia
da parte dei genitori che di coloro che intervengono professionalmente. La
sessualità spesso irrompe nello svolgimento delle attività quotidiane di una
struttura o di una famiglia e si presenta come qualcosa di inatteso, che
sorprende e scombina i piani, provocando nei familiari e negli operatori un
forte senso di disagio e timore di essere inadeguati mandando all'aria il modo
concreto e quotidiano del "prendersi cura".
Successivamente,
dagli anni ’90, assistiamo ad un consistente aumento di contributi teorici,
anche nel web attraverso forum, e di esperienze formative che vengono avviate
nella rete dei servizi sociali.
Tra i lavori più
importanti troviamo una sintesi dei lavori di riflessione sulla sessualità
nelle persone diversamente abili scritta del professor Ennio Dall’Aglio (1994)
nel volume “Handicap e Collasso familiare” che riporta e richiama alcune
pubblicazioni sull’argomento almeno fino ai primi anni novanta. Il lavoro di Dall’Aglio
studia la sessualità soprattutto in relazione ai minori disabili osservando un
atteggiamento di profonda ambivalenza. Da una parte si tende a riconoscere ed
accettare l’attività sessuale del disabile, dall’altra vi è il timore che la
sessualità si accompagni a spinte “emancipatorie-conflittuali” e a disordini
comportamentali, fino alla preoccupazione di procreazioni indesiderate. Tali
dinamiche si fanno più intense in adolescenza e i genitori intensificano le
loro posizioni ed opere di controllo sociale.
Un
recente lavoro di ricerca è stato svolto da Stefano Federici e pubblicato nel
libro “Sessualità alter-abili” (2002). In questo lavoro Federici cerca di
descrivere lo stato reale di come viene pensato il tema della sessualità e come
viene gestito nei centri che si occupano di persone disabili in Italia. Lo
strumento utilizzato è l’intervista semi-strutturata somministrata a
responsabili educativi, psicologi, operatori che si trovano a dover gestire il
problema della sessualità. Utilizzando questo metodo Federici riesce ad avere
una panoramica generale dei vissuti della sessualità all’interno dei centri per
disabili.
Da
queste interviste emerge nettamente una separazione tra quanto viene detto
nelle ricerche, discussioni teoriche e interviste, e quanto poi viene agito sul
piano delle decisioni con la presenza della repressione e del permesso rispetto
alla sessualità vissuta dei soggetti diversamente abili.
Temi
come l’omosessualità, il rapporto di coppia completo, una possibile vita
coniugale di due soggetti disabili spesso sono ancora lontani dall’essere presi
in dovuta considerazione anche perché molto difficili da trattare ma che andranno
al più presto affrontati se si vuole dare una risposta valida e completa al
bisogno e al diritto di autonomia della
persona disabile.
Molte
sono le paure e le difficoltà nel parlare di questo argomento poiché l’handicap
rimanda a condizioni di difficoltà, di malattia, di emarginazione, di diversità
e di morte. Accanto a queste, però, ci sono anche bisogni, necessità, carezze,
sentimenti che non si possono togliere ad un essere umano solo perché diverso
in una sua parte fisica o mentale. Molte difficoltà vengono poste dalle
situazioni oggettive problematiche, dalla cultura di riferimento,
dall’incapacità di mettersi in discussione e di affrontare una sessualità
diversa senza scontrarsi con la propria.
La sessualità è un’ espressione fondamentale
dell'essere umano, è un fenomeno complesso che vede coinvolte influenze
psicologiche, biologiche e culturali. Viene inserito alla base nella piramide
dei bisogni di Maslow (1954) come bisogno fisiologico e dall’altra parte Malinowski
afferma “il sesso, nel suo significato più ampio… è più una forza
sociologica e culturale che una mera relazione fisica fra due individui”
(1929, p.23).
La
sessualità non può, quindi, essere ridotta alla dimensione genitale del sesso,
ma comprende una vasta gamma di aspetti culturali e sociologici come pure di sensazioni ed emozioni. La sessualità è così anche relazione, comunicazione
e scambio di piacere.
Non
bisogna ritenere che sia impossibile per le persone con disabilità avere una
vita sessuale soddisfacente o ritenerle come un eterno bambino, cosa che
succede molto spesso con i disabili psichici (Valente Torre, 1987). Sarebbe
utile insegnare alle persone che ruotano intorno al diversamente abile ad
affrontare questi argomenti in maniera serena e a far acquisire una cosiddetta
normalità attraverso l’accettazione della diversità del proprio corpo,
riconoscerne i limiti, sia fisici, psichici o sensoriali, e stimolarne le
potenzialità verso una condizione sociale che li renda più autonomi e che
rafforzi la propria identità. In questa visione non può mancare un percorso di
autonomia verso una sessualità possibile e autogestita fatta non solo da
rapporti sessuali completi ma da gesti che possono essere carezze, baci,
tenersi la mano o stare al telefono con il proprio partner.