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giovedì 3 novembre 2016

L’INTELLIGENZA EMOTIVA



Data la crisi dell’apprendere si iniziano a studiare le pratiche di apprendimento in contesti non educativi ma di vita quotidiana. Fondamentale è il contributo di Howard Gardner.
Lo studioso Howard Gardner, con la pubblicazione del suo libro Formae mentis (1983), introdusse al mondo scientifico ed accademico la teoria delle intelligenze multiple, secondo la quale non esiste una facoltà comune di intelligenza, bensì diverse forme di essa, ognuna indipendente dalle altre.
Con la sua opera Gardner mise in discussione la vecchia teoria di intelligenza e gli strumenti utilizzati per misurarla.
L’autore sottolinea come i test, sino ad allora utilizzati in Occidente (Stati Uniti e paesi sviluppati dell’Europa) per misurare e diagnosticare l’intelligenza di studenti e candidati, in occasione delle selezioni scolastiche o lavorative, andassero a considerare soltanto due tipi di intelligenza: quella linguistica e quella logico-matematica. Accanto ad esse, Gardner ne pone altre 5 che sono le seguenti:
  • l’intelligenza spaziale;
  • l’intelligenza sociale;
  • l’intelligenza introspettiva;
  • l’intelligenza corporeo cinestetica;
  • l’intelligenza musicale
Con l’avvento dell’era post industriale ed informatica contemporanea le capacità di collaborare in gruppo e di risolvere in un breve lasso di tempo problemi inaspettati ed improvvisi richiedono ai lavoratori un buon uso di competenze interpersonali (l’intelligenza introspettiva di cui parla Gardner) e del pensiero divergente, tipico delle menti creative. Secondo Gardner occorre fare un’ulteriore precisazione pedagogica: per camminare a passo con i propri tempi, la scuola attuale deve puntare alla formazione di giovani che abbiano teste “versatili”, ossia cervelli in grado di imparare sempre cose nuove e in grado di attivare una diversità di competenze in passato non richieste. Le vecchie generazioni imparavano, infatti, un mestiere e quello si tenevano per tutta la vita, potendosi adagiare sull’uso esclusivo di un tipo di intelligenza che la mansione da loro assunta aveva fin dall’inizio imposto e che l’addestramento ripetitivo di anni di lavoro aveva rafforzato, impedendo però la sperimentazione di altre intelligenze.
Fra le sette intelligenze teorizzate da Gardner poniamo la nostra attenzione sull’intelligenza sociale, successivamente divisa in:
-          Intelligenza Interpersonale: abilità di interpretare le emozioni, le motivazioni e gli stati d’animo degli altri;
-          Intelligenza Intrapersonale: abilità di comprendere le proprie emozioni e di incanalarle in forme socialmente accettabili;
Garden, però, rimane ancorato ad una definizione di intelligenza troppo cognitiva legata al momento di forte diffusione del cognitivismo. Ad ampliare il concetto di un intelligenza sociale arriva D.Goleman nel 1995 con la pubblicazione dell’ “L’intelligenza emotiva”, testo in cui l’autore riflette sulla crisi della società attuale e sul malessere emozionale crescente.

L’intelligenza emotiva è definita come “la capacità di motivare se stessi, di persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni, di controllare gli impulsi e rimandare la gratificazione, di modulare i propri stati d’animo evitando che la sofferenza ci impedisca di pensare, di essere empatici e di sperare”.

L’intelligenza emotiva è la capacità di relazionarsi con gli altri in maniera costruttiva attraverso l’empatia e la comunicazione. L’empatia è la capacità di cogliere le emozioni degli altri, comprendendo il loro punto di vista, immedesimandosi nella loro situazione e rimanendo consapevoli del fatto che tali emozioni non ci appartengono. Per comunicazione Goleman intende invece la capacità di creare coerenza tra ciò che si dice e le proprie azioni (tra linguaggio verbale e non verbale), la capacità di saper ascoltare l’altro, mostrando interesse per le emozioni altrui.
D. Goleman va oltre la tesi delle Intelligenze multiple di Gardner e approfondisce due concetti:
-          la possibilità che l’intelligenza sia presente nelle emozioni
-          l’educabilità della stessa intelligenza.

Egli riconosce che, pur essendo l’Intelligenza Emotiva fondamentale come le capacità intellettuali, per molto tempo il ruolo dei sentimenti e delle emozioni sono stati trascurati.
Egli sottolinea come a guidarci nell’affrontare situazioni e compiti difficili e importanti, siano sia l’intelletto che le emozioni; dunque, essere in grado di conoscere e dominare le proprie emozioni, di riconoscere quelle degli altri e di gestire le relazioni con gli altri sono delle discriminanti fondamentali per il successo e il benessere di ciascun individuo.
Una persona che dispone di una buona intelligenza sociale è in grado di vivere la propria vita e le relazioni con gli altri in maniera più serena ed equilibrata. Essere in grado di comprendere il punto di vista dell’altro, di comunicare in maniera chiara le proprie emozioni ed i propri pensieri consente di evitare una serie di equivoci e malintesi con l’altro, di affrontare e gestire i conflitti con efficacia; permette, in generale, di vivere meglio ogni tipo di relazione con gli altri, da quella sentimentale a quella con i propri figli, passando per l’ambiente di lavoro.
Goleman sottolinea l’importanza di un’alfabetizzazione emozionale che venga impartita nelle scuole, portando ad esempio la disciplina della Scienza del sé elaborato da Karen Stone McCrown. La scienza del sé si pone l’obiettivo di innalzare il livello di competenza sociale ed emozionale nei ragazzi come parte della loro istruzione regolare.
Gardner, invece, propone Project Spectrum.

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